Uniti con forza: la storia della saldatura

DiMassimo Rossani

Ott 2, 2012

Se proviamo a guardarci intorno, e ad ammirare quante enormi strutture metalliche ci circondino, può risultarci ostico persino pensarlo, ma la saldatura dei metalli non è stata un’invenzione tanto facile da sviluppare: ci sono voluti molti secoli nei quali la metallurgia si fermava alle conoscenze artigianali ritrovabili nelle botteghe dei fabbri, prima che venissero sviluppate le tecnologie necessarie per lavori così mastodontici, e fosse immaginabile ideare e creare quelle moderne macchine saldatrici (come quelle offerte da REG Galbiati) che oggi rendono possibili lavorazioni un tempo assolutamente impensabili.

Per lunghissimo tempo, infatti, i metodi di saldatura sono rimasti in sostanza fermi a quelli che era possibile implementare avendo come strumenti soltanto un’incudine, un martello, una forgia, e buone braccia. Proviamo dunque a ricalcare le tappe di questa tecnica così fondamentale nel nostro moderno mondo industrializzato.

La esigenza di attaccare fra loro due diverse parti metalliche è davvero antica: risale senza ombra di dubbio agli inizi stessi dell’utilizzo del metallo da parte degli uomini, e fu originariamente risolta con la tecnica nota come “saldatura in forgia”, tracce evidenti della quale sono state ritrovate dagli archeologi durante scavi condotti sia in Medio Oriente che in Europa, datandola all’età del Bronzo e quella del Ferro. Anche nella letteratura antica, e per essere precisi nella capitale opera di storiografia “Le Storie” dello storiografo greco Erodoto, troviamo una citazione precisa – se pure, con ogni probabilità, non troppo rigorosa – di un uomo che sarebbe addirittura stato, secondo l’autore, l’inventore vero e proprio, senza aiuto, dell’intera tecnica di saldatura: Glauco di Chio.

Tuttora, abbiamo una prova lampante e facilmente visibile dell’antichità della saldatura in forgia nel Pilastro di Delhi, in India, una colonna di ferro databile intorno al 310 DC, pesante più di cinque tonnellate. Questa tecnologia, consistente nel battere insieme a caldo le parti da attaccare sull’incudine fino ad ottenerne la fusione, fu per molti secoli l’unica disponibile ai fabbri: la troviamo spiegata nel dettaglio, con molte alte tecniche di lavorazione dei metalli che fino ad allora erano note solo ai fabbri esperti, in un testo del 1540, il “De La Pirotechnia”, scritto da Vannoccio Biringuccio, un esperto italiano di Metallurgia.

La geniale rivoluzione nella saldatura è però ben più tarda, del 1800, ed è, almeno all’inizio, tutta russa: a renderla fattibile, proprio all’inizio del secolo, fu la scoperta dell’Arco Voltaico, ad opera dello scienziato Vasily Petrov, che ne propose fra gli utilizzi possibili proprio quello della saldatura. Furono suoi connazionali ad effettuare le scoperte e dettagliare le invenzioni più importanti in questo campo, come Nikolai Benardos, che nel 1881 costruì il primo saldatore ad arco con elettrodi di carbone, e Nikolai Slavyanov, che sette anni dopo lo perfezionò con elettrodi metallici, per finire con Vladimir Mitkevich, che nel 1905 propose l’utilizzo dell’arco voltaico trifase per le saldature.

Fu proprio questa tecnica che finì con il sorpassare tutte le altre (specialmente quella ad ossiacetilene, sviluppata nel 1836 e perfezionata nel 1900) mano a mano che veniva perfezionata, prima negli anni ’20 del 1900 con l’invenzione del saldatore automatico, e poi con l’introduzione dei gas schermanti, per permettere la saldatura di altri materiali e perfino sott’acqua. Anche oggi che esistono altre tecniche particolari, come la saldatura laser e quella a impulsi elettromagnetici, i loro costi proibitivi fanno sì che la palma del predominio rimanga alla saldatura ad arco.

Di Massimo Rossani

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