Scoperta e storia dell’alluminio

DiMassimo Rossani

Ott 10, 2012

In lingotti, sotto aspetto di sali, di pellicola, di barre: alluminio in quantità, propriamente industriali, circola ogni anno nel nostro sistema produttivo. La stima per il 2012 parla di una fabbricazione di più o meno quaranta milioni di tonnellate: più di ogni altro metallo utilizzato a livello industriale, se escludiamo l’indiscutibile primato del ferro.

Né c’è da paventare che l’alluminio si esaurisca tanto in fretta: sul nostro pianeta è il terzo elemento più presente, dopo l’ossigeno e il silicio, e da sé costituisce uno straordinario 8% – pressochè una parte su dodici – del peso della parte solida della Terra. Per quanto riguarda le sue applicazioni, sono rese possibili dalle sue eccezionali caratteristiche fisiche e chimiche, come la densità bassissima e la formidabile tenuta alla corrosione, che lo rendono adeguato ad una grande abbondanza di utilizzi nei più vari settori industriali; ma ad essere sensibilmente apprezzabile è, da un certo punto di vista, la sua storia. Ripercorriamola, tenendo presente che fino a due secoli fa nessuno aveva mai visto un pezzo d’alluminio puro!

Andando abbastanza indietro nella storia, possiamo situare i primi utilizzi dell’alluminio perfino presso i Greci e i Romani, che però non lo conoscevano nella sua forma pura (che è rarissima in natura: per la sua alta affinità chimica, l’alluminio si trova pressochè sempre sotto forma di minerale, di cui esistono ben 270 varietà diverse) bensì sotto aspetto di sali, per la tintura dei tessuti e come antiemorragici (pensiamo all’allume che anche noi conosciamo come astringente per i tagli da rasoio).

Non vi sono tuttavia tracce di altre scoperte in merito, né di altre applicazioni di questo elemento, per un tempo corrispondente a diversi secoli: le cose iniziano a muoversi nel 1761, quando Guyton de Morveau suggerì di dare il nome di “Allumina” all’allume base, seguito dal 1808 quando Humphry Davy scoprì l’esistenza di una base metallica dell’allume, a cui diede nome inizialmente di “Alumium” e in seguito di “Aluminum”. Fu solamente 17 anni dopo, in Danimarca, che un fisico e chimico, Hans Christian Ørsted, riuscì ad avere una forma, ancorchè impura, di alluminio metallico, un blocco di aspetto simile allo Stagno, facendo reagire cloruro anidro di alluminio e amalgama di potassio. La convalida alla procedura venne nel 1827, quando Friedrich Wöhler ripetè con favore l’esperimento.

Una volta separato il metallo, iniziò la ricerca di un metodo economico per estrarlo dai suoi minerali, come la bauxite; la procedura era infatti costosissima, prima dello sviluppo del metodo Hall-Héroult verso la fine del 1800. L’alluminio fu quindi, per parte della sua prima evoluzione, un metallo prezioso – realmente più dell’oro. Fu d’alluminio la sommità del monumento a Washington; neppure tre chili di peso, per un costo pari a cento giorni di lavoro di un operaio.

E Napoleone III di Francia, ad un pranzo di gala, diede agli ospiti importanti posate d’oro, ma a quelli di reale e straordinario riguardo posate d’alluminio. Come dicevamo, le cose cambiarono quando, nel 1886, in Francia venne realizzato il metodo elettrolitico per l’estrazione dell’alluminio usato tuttora, aprendo la strada a quel grosso uso industriale che conosciamo e di cui parlavamo all’inizio.

Di Massimo Rossani

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