Tecniche tradizionali e moderne nella produzione dell’olio extravergine italiano

DiMassimo Rossani

Ago 26, 2025

Ogni bottiglia di olio extravergine d’oliva racconta molto più di una semplice spremitura. Dentro c’è la terra, il clima, il tempo. Ma c’è anche una scelta di metodo, un equilibrio tra ciò che si è sempre fatto e ciò che si può fare meglio oggi.

In Italia, parlare di produzione dell’olio EVO significa entrare in una storia lunga secoli, fatta di gesti tramandati, di attese silenziose, di saperi contadini. Ma significa anche raccontare un settore che si è saputo evolvere, adattare, sperimentare.

Non si tratta di una contrapposizione tra passato e futuro, ma di un dialogo costante tra tecniche tradizionali e innovazione tecnologica, tra manualità e precisione digitale. È da questo confronto che nascono gli oli migliori: quelli che conservano l’anima della terra, ma sono in grado di competere con i più alti standard qualitativi a livello mondiale.

Raccolta e potatura: i gesti lenti che preparano il terreno

Tutto comincia ben prima della frangitura. La potatura, ad esempio, è una fase che spesso viene sottovalutata ma che incide in modo determinante sulla qualità delle olive e sulla salute della pianta. In molte zone d’Italia si continua a potare a mano, con forbici e seghetti, camminando lentamente tra gli alberi come si farebbe in un orto di famiglia.

Questo approccio permette di ascoltare la pianta, capire cosa togliere e cosa lasciare, per dare respiro e luce alla chioma. È un lavoro che richiede pazienza, sensibilità, esperienza.

La raccolta, poi, è uno dei momenti più delicati. In molte aziende, soprattutto familiari o legate alla produzione DOP, si raccoglie ancora a mano o con agevolatori manuali, rispettando il frutto e limitando al massimo i danni. Le reti vengono stese a terra, si lavora con calma, si scelgono solo le olive integre.

Tuttavia, le nuove esigenze di efficienza, soprattutto per gli uliveti più estesi, hanno spinto all’introduzione di scuotitori meccanici e sistemi semiautomatici. Se ben utilizzati, questi strumenti non riducono la qualità, ma aiutano a rispettare i tempi stretti della lavorazione, garantendo freschezza del prodotto e riduzione dei costi.

Il punto è che la tecnologia, da sola, non basta. A fare la differenza è il modo in cui viene usata. Una raccolta troppo aggressiva, anche se moderna, può compromettere ciò che di buono la pianta ha prodotto in un anno intero.

Frangitura e gramolatura: la trasformazione che richiede rispetto

Una volta raccolte, le olive devono essere frante nel più breve tempo possibile. Qui la differenza tra passato e presente è evidente.

Un tempo si usavano macine in pietra, lente, silenziose, affascinanti. Le olive venivano schiacciate lentamente, con una certa perdita di resa ma con un rispetto quasi rituale del frutto.

Oggi, la frangitura avviene con frangitori a martelli o a dischi, capaci di lavorare grandi quantità in poco tempo e a temperature controllate, per preservare aromi e sostanze benefiche. La qualità dell’olio non si misura più solo con l’intuito, ma anche con dati precisi, temperature costanti, tempi ottimizzati.

Lo stesso vale per la gramolatura, ovvero il rimescolamento della pasta di olive che favorisce la coalescenza delle microgocce d’olio. Questa fase, che un tempo avveniva in vasche aperte, oggi si realizza in ambienti chiusi e sotto controllo termico, per limitare l’ossidazione.

Non è un dettaglio da poco. In gramolatura si gioca una parte fondamentale del profilo aromatico dell’olio. Qui si decide se sarà più fruttato, più amaro, più equilibrato. E questo vale tanto per chi lavora in un frantoio moderno quanto per chi resta fedele a metodi più lenti.

Decanter e filtraggio: il ruolo dell’innovazione silenziosa

Dopo la gramolatura arriva il momento dell’estrazione, ed è qui che la modernità ha portato uno dei cambiamenti più significativi.

L’antico metodo con presse e fiscoli (dischi in fibra vegetale) è oggi usato quasi solo per dimostrazioni o in rarissimi contesti artigianali. Il rischio di contaminazioni batteriche e la difficoltà nella pulizia rendono questo sistema poco adatto alla produzione costante e sicura.

La stragrande maggioranza dell’olio italiano viene oggi estratta con decanter centrifughi, che separano l’olio dalla pasta e dall’acqua di vegetazione in modo rapido ed efficiente. Il risultato è un olio più pulito, più stabile e con una resa superiore, ma sempre a condizione che vengano rispettate temperature e tempi ottimali.

Anche il filtraggio è una scelta che distingue le aziende. Alcuni preferiscono l’olio torbido, non filtrato, che mantiene un aspetto rustico e spesso un profilo più grezzo. Altri, invece, filtrano per migliorare la shelf-life, eliminare le impurità e ridurre il rischio di fermentazioni.

In entrambi i casi, ciò che conta è la coerenza con il proprio stile produttivo. Non esiste una regola universale: esiste la cura, l’attenzione, l’intenzione con cui ogni scelta viene fatta.

L’equilibrio tra ieri e oggi: la vera forza dell’olio italiano

Ciò che rende speciale l’olio extravergine italiano non è l’uso di tecniche antiche o moderne in sé. È il modo in cui queste due dimensioni si incontrano, si contaminano, si rispettano.

In molte aziende del Sud, ad esempio, si lavora ancora con metodi tramandati dai nonni: la raccolta a mano, l’assaggio diretto, l’attenzione maniacale alla resa della pianta. Ma poi si usano frantoi di ultima generazione, software per il monitoraggio, sistemi di tracciabilità per garantire trasparenza e qualità certificata.

Il passato serve per non perdere l’anima. Il presente serve per non sprecare il valore di quel passato.
E questo vale tanto per i piccoli produttori quanto per realtà più strutturate. Come per esempio Olio Barilese, che riesce a unire tradizione agricola e visione contemporanea in ogni fase del processo, restituendo un olio che è al tempo stesso familiare e preciso, naturale e controllato, rustico e pulito.

Chi sceglie un olio italiano, spesso lo fa proprio per questo motivo. Non perché sia più romantico, ma perché sa di qualcosa. Perché racconta il luogo da cui arriva. Perché non è replicabile altrove.

Di Massimo Rossani

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