Marcare al laser: la tecnologia a fibra

DiMassimo Rossani

Nov 9, 2012

La progressiva e inarrestabile automazione delle fabbriche di ogni genere e tipo ha portato nei capannoni di aziende grandi e piccole una vastissima quantità di attrezzature industriali, e fra queste i laser da incisione e da marcatura non sono certamente ormai più fra quelle da schedare come ultime novità; in ambiti che aumentano di anno in anno, e per una quantità di materiali ogni volta più vasta, con lavorazioni di generi anche diversissimi fra loro, le aziende da molti anni scelgono senza occorrenza di grosse riflessioni di inserire nel proprio processo produttivo dei macchinari a tecnologia laser. A differenza però di altri ambiti, dove la espansione ha fermato il progresso, qui si assiste invece al proliferare di innovazioni e modifiche, fra cui è abbastanza recente l’introduzione, e rapida diffusione, dei laser a fibra.

Va però riconosciuto che questa proliferazione di nuove ricerche, di migliorie, di modifiche, di uno strumento che è in concreto uno standard riconosciuto, potrebbe sotto un certo punto di vista condurre anche ad un dubbio: quello che la ragione reale dietro all’intensità delle ricerche svolte nel settore, e allo sviluppo di nuovi tipi di laser, sia in effetti una qualche grave pecca dei modelli tradizionali, ossia nei laser classici a lampade e a diodi, un vizio grave nella struttura o un ostacolo all’efficienza, mai risolto e sempre trascurato nonostante i decenni di applicazione in tanti settori. A questo dubbio è obbligatorio dare una replica immediata e decisa: assolutamente, le cose non stanno così. All’opposto, le tecnologie laser di tipo classico funzionano in maniera egregia, e se se ne vuole una prova, è sufficiente appunto andare a ricercarla nei risultati d’efficienza, decisamente di tutto rispetto, che vengono costantemente raggiunti, con piena soddisfazione, da tutte le aziende che li integrano nei propri procedimenti di lavorazione. I laser a fibra presentano però degli indiscutibili vantaggi ulteriori.

Se dunque ci interessa capire per quale logica si sia fatto tanto lavoro di analisi e sviluppo per creare una nuova tecnologia come questa, è necessario ricercarla proprio nelle sue peculiarità vantaggiose confronto a quelle passate.

La tecnologia che è alla base dei laser a fibra, che ne costituisce per così dire il cuore, è mutuata direttamente da un altro ambito operativo moderno, quello dei sistemi di telecomunicazione in fibra ottica: e si tratta, nel caso specifico, del giunto in fibra, che in questi laser viene utilizzato per rendere i combinatori in fibra, la fibra attiva, e i diodi laser di pompa tutti connessi e solidali. Questo porta a una differenza enorme – e importante – rispetto ai laser tradizionali di tipo YAG: in questi ultimi infatti, sia che siano pompati a lampada che a diodo, i componenti ottici sono separati, e vengono saldati ed allineati sulla base in fase di lavorazione. Sfortunatamente, a prescindere da quanto sia accurato e meticoloso l’allineamento eseguito in fabbrica, l’espansione termica ineluttabile durante il funzionamento genera un rischio corposo di disallineamento dei componenti – il quale ha un impatto rilevante, e naturalmente negativo, sull’efficienza dell’intero laser. Rischio che non si corre con i laser in fibra, i cui elementi, come abbiamo visto, sono tutti solidali.

In un ambito, come quello dei laser, dove già con i modelli tradizionali la manutenzione necessaria a tenere alta l’efficienza è quasi insignificante, una scelta come questa conferisce tale stabilità e resistenza che tali costi, da bassi, si fanno pressochè inesistenti; ma in aggiunta a questo, i laser a fibra presentano anche un’alta compattezza, e specialmente un’efficienza di conversione elettro-ottica – che dipende direttamente dalla sorgente in fibra – che si va a posizionare attorno al 30%, con consumi ridotti a non più di qualche centinaio di watt. Tutti questi fattori concorrono a comporre quello che è l’ultimo, e importantissimo, vantaggio dei laser con tecnologia in fibra: un funzionamento a pieno regime che dura per più di trentamila ore, il che da solo basta a far ripagare ampiamente l’investimento fatto all’acquisto.

Di Massimo Rossani

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